Articolo del: 19 Marzo 2018
Carmelo Petronio racconta la sua esperienza in casa Splēn
Era un pomeriggio di luglio del 2016 quando mi trovavo all’Accademia di Belle Arti di Catania per fare da supporto morale alla mia ragazza per quella sessione d’esami estiva. Era un bel pomeriggio caldo, ero tutto concentrato sugli esami, sulla laurea imminente, sulla ricerca di un relatore, alla ricerca del prossimo soggetto da dipingere, alla ricerca di tutto, come sempre. L’esame che si stava svolgendo quel giorno era quello di illustrazione, corso tenuto dal professore Riccardo Francaviglia, nome che sono sicuro vi è familiare. Io avevo già dato quell’esame, l’avevo sostenuto alla grande, era stato proprio bello seguire quel corso, illustrare, tornare a disegnare. Disegno praticamente da quando ho memoria, credo di essere nato senza camicia, ma con una matita in mano. Tuttavia da qualche anno avevo smesso di disegnare, mi ero concentrato unicamente sulla pittura, e rimettermi in gioco con il prof. Francaviglia era stata una sfida divertente e impegnativa. Quella sfida evidentemente l’avevo superata bene, visto che quel pomeriggio di luglio, col caldo, gli insetti e l’ansia costante che fa sudare ogni studente anche quando gli esami sono degli altri, il prof. mi propose un progetto straordinario: illustrare un albo per ragazzi. Inutile dire che la mia risposta fu immediatamente Sì.
Il progetto prevedeva la collaborazione tra la casa editrice Splēn e gli studenti dell’Accademia per la realizzazione di quattro albi illustrati. Conobbi ben presto Surya, la casa editrice, e mi si aprì un mondo che fino ad allora non avevo esplorato se non da spettatore, il mondo dell’illustrazione. Mettersi dall’altro lato, dal lato di chi realizza, cambia la prospettiva di tutto. Impari parole come “target”, “menabò”, “character design”, “story board”; impari che non disegni più solo per te stesso, disegni per un pubblico, un pubblico che ha esigenze, gusti e un’età che non è la tua e con cui devi confrontarti. Impari che c’è un lavoro immenso e faticoso dietro ogni singolo albo, impari che quando disegni per un pubblico fatto di ragazzini come nel mio caso, devi essere accorto, responsabile. Devo dire la verità, non mi sentivo pronto, non mi sentivo all’altezza, non disegnavo da tempo e spesso i miei disegni erano in bianco e nero. Qui invece i colori erano necessari, fondamentali, e non potevano essere dettati dal caso, ma selezionati, scelti. La storia era quella de “La Reginotta con le corna”, scritta da Giuseppe Pitré dopo secoli di tradizione orale.
Dopo un primo momento di incertezza e di scoraggiamento mi misi in testa che dovevo andare fino in fondo, che dovevo farcela, nonostante il mio primo “menabò”, ossia il primo bozzetto di tutte le illustrazioni previste, non facesse proprio ben sperare. Fu una ricerca continua di soggetti, materiali, prove su prove, fogli su fogli: provai realizzando illustrazioni con olio su carta, acrilico, matite, penne, acquerelli, gessetti, provai ogni tecnica che conoscevo, ma niente sembrava soddisfare le esigenze mie e della casa editrice. Il lavoro sono sicuro che non si rivelò difficile solo per me, anche gli altri ragazzi ebbero grosse difficoltà, tant’è che restammo solo in due, io e Angelo Licciardello, che vedevo come un artista che a differenza mia aveva un suo stile e sapeva bene quello che faceva. Grazie però alla mia testardaggine e soprattutto all’aiuto e alla pazienza di Surya Amarù e di Riccardo Francaviglia (art director della casa editrice), piano piano vennero fuori i personaggi, lo stile, i colori, la tecnica; mi ispirai ad altri autori, soprattutto a Lisabeth Zwerger, cercando di rubare un po’ a tutti per rielaborare qualcosa che fosse mio, che fosse distinguibile e al tempo stesso bello per gli occhi di un bambino. Vennero fuori i primi disegni che avrebbero finalmente tracciato la strada per il lavoro finale: anatomie semplici, campiture di acquerello fumose, bruciate, colori che per me hanno il gusto delle storie medievali, delle fiabe antiche, contorni sbavati. Finalmente avevo una strada, una via, e da quel momento fu tutto più naturale, spontaneo: avevo trovato la chiave.
Entrai così nella vera fase di produzione, le tavole venivano fuori più velocemente, malgrado qualche intoppo e qualche “ri-ri-riproviamo”. Era una catena di montaggio: io eseguivo, mandavo tutto all’art director, e se andava bene mandavamo tutto a Surya che mi diceva la sua. È stato un lavoro di squadra, di scambio di consigli e opinioni, di crescita individuale, il tutto in un ambiente incoraggiante, amichevole, partecipe, come quello della Splēn. Surya poi si è resa disponibile per essere torturata con disegni, bozzetti e domande tutti i giorni a tutte le ore, e per questo devo ringraziarla, come devo ringraziare Riccardo Francaviglia per aver fatto altrettanto guidandomi in un mondo che non conoscevo e di cui adesso faccio parte.
“La Reginotta con le corna”, il suo sviluppo e la sua nascita, è diventato inoltre la mia tesi di laurea, ricevendo elogi ancor prima di essere pubblicato. Adesso che si trova sugli scaffali delle librerie, su internet, acquistabile da tutti e ovunque, quest’albo illustrato con il mio nome sopra è incredibile che sia nato da una pila di disegni, bozzetti, prove e riprove sulla scrivania di casa mia. Sembra davvero impossibile, a 23 anni, vedere il proprio nome stampato su carta in libreria, guardarlo come se fosse un figlio cresciuto e ora in giro per il mondo.